
Io e il teatro. Rapporto contrastante e decisamente inedito. Non mi ero ancora confrontata esplicitamente col genere, e mò è successo. 🙂 Questo è un monologo sperimentale, dal quale verrà fuori una cosa più in grande. Perdonerete spero il turpiloquio un po’ strabordante, e non per nascondermi dietro al dito della licenza letteraria… ma in questo caso davvero necesse est. A voi l’ardua sentenza.
Cupido hai rotto il cazzo
Ma dico io. Che mira c’hai?
Ma dove l’hai presa la patente? Al circolo arco e freccia “Non guardarmi non ti sento”?
Ma poi, non c’hai un cazzo da fare, altrove, che devi venire a rompere i coglioni a me? Ma lo sai quanta gente sta là fuori che non aspetta altro? Gente che non aspetta che te, più che altro?
Ma che t’ho fatto io? Ma parla chiaro una volta e buona, fatti spuntare almeno tu i coglioni e dì le cose come stanno: dillo, che mi devi far scontare un karma del cazzo, dillo! Ma perché tutti devono rincorrere sta gentilezza a tutti i costi, che poi finisce che feriscono di più? Voglimi bene: non essere gentile.
La gentilezza è sopravvalutata, in certe circostanze. Fattelo dire da una che ne aveva fatto un must della gentilezza a sproposito.
Un mu-stocazzo.
Sì, sono arrabbiata. E quando mi arrabbio dico parolacce, vabbene? Almeno le posso dire? Almeno questa cosa, me la posso permettere? Sì?
Troppo buono. Anzi: troppo gentile, Cupido.
Ecco, fammi sto cazzo di piacere: smettila di essere gentile. Fammi capire com’è la storia. Chi ti ha pagato? Ah lo so io, lo so. Lo so io chi ti ha pagato. Ti ha pagato quel bell’esemplare a cui ho rifilato un due di picche due anni fa. Non fu nemmeno l’unico. Ma lui ci stette sotto di più. E si sa, certi uomini delusi spurgano rancore e vendicatività in atti cinici e sottilmente offensivi ad libitum. Pure lui, però: ci ero uscita, quanto, due volte? E mi voleva presentare la famiglia. Ma dico io: già non ero molto stabile di mio; se poi uno ci si mette pure a pressa, se li tira i due di picche, no?
Mi disse pure “stronza”. E io me lo feci dire. E me lo tenni!
Ah, i sensi di colpa… quanti danni fanno. Il fatto è che avevo il cuore chiuso a tripla mandata; temetti pure di esser diventata arida, asettica, a-qualcosaltro. Una specie di iceberg… e non invidiai affatto i Titanic di circostanza. Anzi. Mi dispiacque, sul serio. Non ho mai sopportato gli stronzi, figurarsi essere chiamata in causa nella categoria. Uno che soffre non lo calcola, tante volte, quanto possa soffrire quello che gli ha inferto la sofferenza involontariamente. Se ce l’ha un cuore, ovvio.
Da lì dedussi che forse non ero un iceberg. Forse era solo che tu, maledetto imbecille, allora come ora tiravi le tue freccette del cazzo a cazzo. E cioè: che uno lo becchi e l’altro te lo scordi.
Una visita oculistica no? Ah, devi tenerla per forza la cazzo di benda. Ho capito.
Ma almeno un minimo di perizia, di prossimità del tiro… di calcolo della parabola cogli altri sensi, che si dice che quando uno non ci vede, almeno c’ha gli altri sensi più sviluppati a compensare! No, eh?
Oppure è stato quell’altro bell’esemplare. Quello di cui non posso parlare per evitare ritorsioni. Già, perché quando una storia finisce è sempre colpa di quello che la fa finire. Ė giusto. Sul tribunale delle pene d’amore l’imputato ha sempre torto. Ma, come si diceva poc’anzi, ahimè, rimpiango di non essere un iceberg, e nemmeno una stronza, perché se lo fossi stata davvero mi sarei risparmiata mesi e mesi di pianti, disperazioni e mea culpa inespiabili. Mi spiego?
Invece no. Qua il processo è autogestito: io istruisco gli atti, io mi imputo, io mi faccio l’arringa pro e contro e io mi condanno. In primo, secondo grado e Cassazione. E per fortuna che in Italia non vige la pena di morte.
Solo che funziona pure al contrario. Funziona, cioè, pure quando la freccetta del cazzo tirata a cazzo (d’ora in poi per brevitas f.d.c.t.a.c.) riesce a trovare la traiettoria della donna non-iceberg, e non di quell’altro. Oppure (che è anche peggio) lo prende di striscio: gli dà, cioè, quell’ebbrezza da cicchetto unoebbasta, quell’illusione transitoria di chissaché… che poi finisce a cazzo, per l’appunto.
E anche in questa circostanza, dicevo, riesco a istruire gli atti, imputarmi, farmi l’arringa pro e contro e condannarmi! Eccerto: qualcosa devo averlo sbagliato per forza. L’ho tenuto troppo a distanza all’inizio, ho fatto troppo la pressa dopo, quello ha annusato (sniff: certi uomini hanno un fiuto superiore per certe cose)… ha annusato che bidone di donna sono, e giustamente s’è guardato bene dal rimettersi in posa, a rischio di farsi beccare per davvero dalla f.d.c.t.a.c!
Ora, per fortuna, l’esperienza mi dice che la sostanza stupefacente di ste freccette mefitiche ha un effetto che si attenua nel tempo, e poi addirittura sparisce; e poi addirittura addirittura arrivi a pensare “Ma meno male, guarda… meno male che quell’altro, quella volta, Cupido non l’ha beccato… meno male! Ma ti rendi conto che pericolo scampato?”. Sì, perché ci vedi talmente poco, tu maledetto arciere allo sbaraglio, che becchi certi soggetti proprio… incongruenti è un eufemismo. Tipo quel tipo, te lo ricordi? Quello che teneva il poster di Mussolini in camera da letto… no vabbè, lasciamo perdere che è meglio.
Ma almeno (almeno) che siano persone normali. Possibilmente non impegnati con terzi, che facciamo veramente cazzo a quel punto. Soprattutto: normali. I casi umani anche no.
Basta.
Basta proprio basta.
Ma che facciamo qua, l’infermeria vita natural durante per casi clinici irrisolvibili e disperati, che se vanno a Lourdes è pure meglio? Ecco falli andare a Lourdes, in massa; un bel pullmino pieno, tutti stipati dentro come gli immigrati sui barconi. Falli sbarcare a Lourdes, e fagli fare un bel bagno nell’acqua benedetta. Anzi, affogaceli. Poi, se proprio ci tieni, puoi pure tirare qualche f.d.c.t.a.c., che di sicuro becchi o una suorina chenonaspettavaaltro, o una signorina che fa il paio, e lì è sicuro che trovano l’anima gemella: la badante è assicurata a vita e oltre. E vissero felici e contenti per i secoli dei secoli amen.
Ecco, libera nos a malo, per piacere, e facci felici e contente pure a noi donne normali che non desideriamo altro che un uomo normale.
Dice il saggio che tu fai finta di non vederci bene, ma che sei più saggio di me. Dice lui. Io so soltanto che se malauguratamente mi capiti tra le mani…
E segnatela questa: basta uomini. Basta, chiuso per ferie.
C’è da rifare lo stucco, le fondamenta… inventati che cazzo vuoi, ma basta. Mò basta. Fammi diventare lesbica, frigida, fammi venire una crisi mistica, inventati una cazzo di scusa, e basta. Fammi andare in letargo affettivo, fammi diventare iperrazionale e iperprofessionale come solo gli uomini (loro sì, iceberg di professione proprio) sanno fare quando c’hanno da fare lecoseimportantichelerelazionivengonodopo, fammi sperimentare il brivido dell’anaffettività, del narcisismo del “bastoamestessodivoinonsochefarmene” che ci sguazzerei proprio felice, rincoglioniscimi davanti a una serie di Netflix fino all’overdose di astrazione dalla realtà, fammi diventare un robot iperefficiente e iperinsensibile.
Ecco!
Virilizzami emotivamente.
Che c’avrei pure io da fare, obiettivamente, e però (per colpa tua!) non sono anatomicamente né fisiologicamente capace di farne una priorità al momento!
Fallo per me. Per piacere. Ti imploro.
Ah, è una lezione di vita? Per crescere? Che i Mellin da piccola non sono bastati? Esticazzi. Se lo dicevi prima, si andava all’Auchan a far la spesa all’ingrosso. Invece no. Devi fare le lezioni di vita, tu. Devi proprio rompere il cazzo.
E sai l’ironia di tutto ciò? Che io manco l’ho mai avuto un cazzo! Che sennò almeno ero ermafrodite e non c’avevo bisogno né pericolo di incappare nei casi umani! Che se volevo un cazzo, da rompere peraltro, nascevo uomo, ti pare? Invece no, le ovaie, l’utero, e pure ste emorragie a scadenza mensile!
Tu sei sadico, te lo dico io, altro che saggio.
Tu donna partorirai con dolore. E ti romperai periodicamente il cazzo per colpa di quell’imbecille con due decimi scarsi per occhio di Cupido!
Ma il karma è karma. Prima o poi ti becco. E te lo dico: so’ cazzi tua.