Il don. Un personaggiaccio, ma simpatico, a suo modo. Nella Cape Town del futuro, come si è già accennato qui, alla stregua del resto dei TTL (Territori Terrestri Liberi), il mercato degli schiavi è una solida e redditizia realtà, in cui personaggi chiaroscuri si aggirano con disinvoltura, come don Sebastian Pintera ad esempio: il reuccio del mondo sommerso di CT, originario di Caracas, è un mercante ricco e stimato. Ma molto vecchio. E poco incline a lasciar che gli affari vadano a rotoli. Con le sue tre palestre turner, ha anche un discreto esercito privato personale… questo brano dell’inizio di Veritate ce lo presenta.
Don Sebastian Pintera, metri e metri sotto il piano stradale, camminava a fatica poggiato al lungo bastone dal pomo d’argento, tra i suoi turner più fidati: Piuma di ghiaccio e Falco di pietra due passi avanti, Lince di fuoco alle sue spalle. Sapeva don Sebastian di aver molti nemici nel suo ambiente. Non era un mistero che si fosse fatto da solo quando, scappato da Caracas alla fine dell’ultima guerra vent’anni prima, era riuscito a metter su un impero economico senza pari nel Settore Sudafricano. Da tempo però gli acciacchi degli anni e l’agguerrita concorrenza minavano gli affari e la continuità dell’impero. Serviva arguzia, lungimiranza, pazienza, nessun problema con gli scrupoli e un discreto stuolo di quei santi del Paradiso di cui sopra, al proprio completo servizio: i turner erano una razza ben difficile da gestire. Finalmente era riuscito a riportare a casa David, l’unico con un briciolo di cervello e che, col tempo, avrebbe imparato tutto ciò che un mercante doveva sapere per non soccombere. Già, il tempo. Quanto altro gliene restava? Sarebbe bastato per istruire David? E David sarebbe riuscito a imporsi, o avrebbe miseramente fallito? Non ignorava, purtroppo, i reali sentimenti del figlio verso il mondo sommerso, il suo mondo; tutti i suoi sforzi erano giudicati con disprezzo. D’altra parte, quale altra soluzione poteva esserci?
Dannazione, però. Come dare torto al ragazzo? Quanti crimini doveva seppellire in fondo alla coscienza un don; quante notti votare all’insonnia degli scrupoli tardivi; quante difficili scelte dovevano dannargli l’anima? E lui, Sebastian Pintera, ben lo sapeva a memoria. Forse un buon padre non avrebbe voluto un simile destino per il proprio figlio. Era però ormai assodato che non lo fosse mai stato, un buon padre. Se n’era fatto una ragione molto presto Sebastian Pintera. Perché un buon padre non avrebbe neppure fatto quel ch’egli aveva fatto, la colpa dalla quale non avrebbe neppure chiesto alcuna assoluzione… ma era un uomo di parola, e la sua l’aveva data al business, al potere materiale, al mondo sommerso di CT… quindi, quale altra soluzione poteva esserci?
All’improvviso, però, l’idea di una fusione con questo giovane intraprendente e scaltro, questo Ricardo Fuentes, spuntato fuori dal nulla, proprio come lui vent’anni prima, non gli era sembrata affatto malvagia. E quando il giovane Fuentes gli aveva proposto un incontro segreto, in terreno neutro, con l’accordo di contare ciascuno su tre turner, don Sebastian aveva accettato intravedendo in quell’accordo la fine delle sue tribolazioni e l’inizio di un nuovo impero. Però prima bisognava parlarci, guardarlo in faccia questo nuovo pretendente al trono del mondo sommerso di CT; bisognava vedere se gli piaceva davvero. Non era Sebastian Pintera disperato al punto di svendere tutto senza se e senza ma.
Procedettero lungo un corridoio male illuminato, sbucando infine in un enorme spiazzo: tutto ciò che restava di una vecchia palestra turner abbandonata, con strutture di ferro, gabbie, incroci d’assi e cerchi che disegnavano nell’aria ombre spettrali. I suoi tre turner lo seguivano silenziosi, quasi indistinguibili l’uno dall’altro. Lince, struttura imponente e movenze impercettibili, s’avvicinò al boss.
– Eh, eh – don Sebastian camuffò una risatina in una falsa tosse – Mio caro Lince, quasi quasi ci farei un pensierino a comprarmi questa baracca e metterci su un’altra palestra. Che ne dici? –
Lince sorrise sotto la maschera.
– Non è d’affari che m’intendo don Sebastian –
– No, è vero. Sei un turner, e un turner non deve occuparsi di certe cose. Il guaio, caro Lince, è proprio questo, non trovi? – guardò con aria paterna il giovane, di cui conosceva perfettamente i lineamenti sotto lo strato elastico nero.
– Permettete una parola, don? – sussurrò poi Lince.
– Come? Oh, sì certo – il vecchio boss si riscosse dai suoi pensieri.
– Mi conoscete bene: faccio sempre ciò che mi ordinate di fare, e non ho mai messo naso né bocca negli affari –
– È proprio per questo che sei il mio turner preferito – sogghignò don Sebastian.
– Però… però stasera la situazione credo sia diversa dal solito… mi sento coinvolto, don, e sono costretto a chiedervi se avete intenzione di smembrare i clan e vendere i nostri contratti – tirò fuori il rospo Lince.
E don Sebastian si accigliò.
– Ti ricordi, Lince, quanti anni avevi quando ti ho raccolto dalla strada? – giocò col pomello del bastone il don.
– Sette – sospirò Lince.
Don Sebastian annuì.
– Sette anni: ti ho dato un tetto, un gruppo cui appartenere, si può dire una famiglia… quando tu neanche ne avevi una là fuori; ti ho dato di che mangiare e vestirti, ma, cosa più importante… ho sentito – si picchiettò la narice con un dito – Il tuo sangue turner ribollirti nelle vene e gli ho dato sfogo: è vero, o no? –
– Sì, è vero – ammise Lince.
– E perché accidenti l’avrei fatto? Sono vecchio ma non rimbambito fino a questo punto. Pensi che abbia schiumato tutta la vita a raccattare turner per le strade, a far di voi gli uomini d’onore che siete per poi distruggere tutto e svenderlo al miglior offerente? –
– Io non penso che… –
– Ed è meglio che continui a non pensare – lo raggelò il don – Quello è compito mio. Sarò anche decrepito, ma so ancora portar avanti i miei affari; e se è vero questo, allora stasera potrei farne uno dei migliori di tutta la mia vita; oppure… nulla del tutto – tossì forte, stavolta non per finta, e riprese a camminare per lo stanzone.
Il drago rosso, visibile sul braccio sinistro di Lince poco sotto la spalla, fremette nella contrazione del bicipite, ma per quanto fosse frustrato il suo bisogno di garanzie, doveva tenere a freno la lingua e confidare nelle capacità del don. Dopo tutto non si moriva vecchi in quel mondo, era un detto risaputo, eppure don Sebastian la vecchiaia l’aveva passata da un pezzo: certe cose non avvenivano mai a caso.
“Il ragazzo è intelligente”, pensò don Sebastian poco più in là, “E non ha tutti i torti ad aver paura: la fine si avvicina. Che ne sarà di loro? Ah, se Charlie fosse figlio mio, non esiterei un secondo a mettere tutto nelle sue mani. Ah, Signore mio, perché gli uomini migliori devono esser tutti stramaledetti turner?”. Ebbe un fremito di stizza e per un attimo guardò il soffitto nero come la pece. “Se non va in porto questa, sono perduti. Senza parlare di quella testa calda… no, quella lì non la mette in riga nemmeno San Pietro. Non la metterà in riga mai nessuno. Se non c’è riuscito Charlie…” sbirciò con la coda dell’occhio Lince, che lo seguiva come un’ombra “Dubito possa riuscirci qualcun’altro”.
Dei passi risuonarono in un corridoio laterale: ne vennero fuori tre turner mascherati dalla testa ai piedi, più un uomo sui trent’anni, dallo sguardo beffardo ma vigile. I due gruppi si vennero incontro sotto il cono di luce di una lampada giallastra.
– Finalmente c’incontriamo don Sebastian – disse l’uomo in tono lezioso tendendo la mano – Voi siete una leggenda e un maestro per tutti noi –
– Non sono niente più che un vecchio storpio, come può ben vedere, signor Fuentes – disse don Sebastian, privando al contempo l’interlocutore del consueto appellativo di “don”, di cui i mercanti di prestigio si fregiavano, e del tributo del “voi”. Don Sebastian era uno squalo latino troppo scafato del mondo sommerso per non saper destreggiarsi nelle scaramucce dialettiche: ogni parola, ogni smorfia aveva il suo senso, e questo Ricardo Fuentes non poteva non saperlo.
– Vi prego – mise le mani avanti l’altro – Per gli amici don Ricardo, solo don Ricardo –
– Don Ricardo – sogghignò allora condiscendente don Sebastian. “Che giovane sfacciato!”.
– Vedo che avete portato con voi i vostri più fidati: Lince, Falco e… – nell’oscurità don Ricardo socchiuse gli occhi per metter meglio a fuoco.
– Piuma – concluse don Sebastian.
– Oh, Piuma – commentò don Ricardo.
– Mi sembra un po’ deluso – osservò don Sebastian.
– Deluso? Mah… credevo che mi avreste fatto l’onore di portar con voi anche Tigre –
– Piuma sa far bene il suo lavoro, come Tigre, e come chiunque altro – tagliò corto don Sebastian con la sua voce arrochita.
– Che fortuna, don Sebastian! Tanti turner, così validi da potersi permettere il lusso di lasciar a casa i più dotati –
– E chi le dice che Tigre sia la più dotata? –
– Lo dicono le gare: è la rivelazione dell’anno, gira voce che potrebbe essere la più giovane turner mai vista al Campionato Mondiale di Delhi la prossima stagione… –
– Le voci – fece spallucce don Sebastian – Le voci sono come il vento, costruiscono chiacchiere intorno a niente –
– Ma il vento può anche alzare polveroni, don Sebastian. E intorno a voi se ne alzano sempre –
– Davvero? – chiese in tono ingenuo don Sebastian – E cosa dicono questi “polveroni”? Vi prego, don Ricardo, mettetemi al corrente –
– Non lo sapete? Oh, non fate il finto tonto – il tono di don Ricardo sfumò nell’arrogante, facendo irrigidire Lince, e poi seguire una pari reazione dall’altra parte. Quel che accade più o meno in una partita a scacchi… dove i pezzi, però, potrebbero mangiarsi sul serio.
– Siete vecchio – proseguì Don Ricardo – Davanti a voi non c’è più altro da conquistare se non la morte. I vostri figli sono degli incapaci, buoni solo a farsi, ubriacarsi e andare a donne. Avete bisogno di qualcuno che mandi avanti la baracca, qualcuno con le palle per tenere a bada il commercio di schiavi, la concorrenza e ben tre palestre. Adesso ci si è messo anche il Governo Centrale con le sue crociate contro i turner: non gli bastano le Leggi di Tutela Sociale… – scosse il capo stizzito don Ricardo – E voi sapete che rogna sia per noi Mercanti questa dannata politica anti-turner… Avete bisogno di un uomo che vi affianchi ora, e vi sostituisca poi nella gestione dei vostri affari. Oh, di certo siete circondato da uomini in gamba… Ma sfortunatamente sono tutti turner, e voi ed io sappiamo bene che questo genere d’affari non può esser gestito da uno di loro –
– Oh – sorrise amabilmente il vecchio don Sebastian – Sicché è questo che dicono le voci… e ditemi, don Ricardo, le voci chi mi consiglierebbero come successore? –
Fuentes ghignò beffardo.
– Basta parlare delle voci: in questo gioco hanno importanza solo la vostra e la mia parola, don Sebastian. Siamo uomini di mondo e abbastanza esperti di questo mondo: voi ed io non abbiamo che da guadagnarci con un accordo. Voi siete ormai alla fine, la concorrenza vi si aggira intorno come un avvoltoio pronto a sbranare la sua carogna; mentre io non sono che all’inizio e, dovete ammetterlo, non è niente male come inizio –
– Dunque, ragazzo mio, vorresti diventare mio erede, non è così? E ti aspetti che ti regali tutto il pacchetto con un bel fiocchetto rosso? – ridacchiò don Sebastian.
– Non vi sto chiedendo di “regalarmi” tutto – prese a scaldarsi Fuentes – Vi sto proponendo una fusione: don Sebastian Pintera e don Ricardo Fuentes, voi mettete tutto il vostro e io tutto il mio, cinquanta e cinquanta. I nostri due nomi insieme metteranno l’intero mercato del Settore Sudafricano ai nostri piedi… e quando il buon Dio provvederà, se mi riterrete l’uomo giusto, sarò vostro erede –
– È un fatto però che, di quattro palestre che si avrebbero alla fusione, tre verrebbero da don Sebastian Pintera, e una sola da Ricardo Fuentes… perciò, più che un cinquanta e cinquanta, sembrerebbe un settantacinque e venticinque –
Don Ricardo cominciò ad irritarsi sul serio.
– Sapete bene che sono l’unico uomo sulla piazza che faccia al caso vostro. Se non vi sta bene l’accordo, l’unica alternativa sarà la svendita di tutto: sbraneranno il vostro mercato e le vostre palestre; sarà il caos completo del mercato degli schiavi a Cape Town, come in tutto il resto del Settore Sudafricano, e verranno da fuori a farla da padroni… è questo che volete, don Sebastian? –
Fu in quel momento che un frastuono proveniente da un corridoio laterale allertò tutti quanti, spingendo Lince in avanti, tra don Sebastian e don Ricardo.
– Condor, va’ a vedere che succede – sbraitò seccato don Ricardo ad uno dei suoi tre turner.
Succedeva che una certa persona col destino problematico all’orizzonte, anziché starsene buona e tranquilla nell’ufficio del suo boss, come le era stato ordinato, sobillata da una presunta soffiata anonima su un certo agguato all’incontro, s’era messa in testa di far l’intraprendente e… piombare lì non invitata. Con la scusa di dare un’occhiata. Tipico di Morgan Tyler, come avrete modo di constatare.
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