Zio Nick

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Personaggione, punto. Il povero Conor saprebbe dirvi qualcosa in merito… perché le dimensioni di Nick Tyler non mentono. Zio misterioso e talvolta evanescente, riesce ugualmente ad essere il pilastro monoespressivo e burbero della risicata famigliola Tyler, immigrata a Cape Town, nonché inamovibile punto di riferimento dei tre nipoti, Demi, Ray e Morgan: di lui sappiamo solo che non parla, bensì “latra”, che ha due occhi neri il cui sguardo laser è difficilissimo sostenere, e due manone che sarebbe sempre meglio evitare di far arrabbiare… più che uno zio, un padre padrone. E Morgan, nel primo  brano-presentazione-quadretto familiare di riconciliazione(tratto da Veritate), temeva tanto il suo ritorno…  Il secondo brano, invece, è tratto da Iustitia, secondo volume della serie. Un brano che ho scelto proprio perché aiuta a capire meglio il tono del personaggione.

Erano trascorsi diversi giorni dal tremendo litigio tra fratello e sorella, e il discorso era stato opportunamente accantonato. Ma non certo dimenticato. Di sicuro tanto Ray quanto Morgan, nell’evitarsi di continuo, contribuirono a procrastinare ogni chiarimento. Tuttavia Demi, profondamente angosciata per le sorti della risicata famigliola, si sentiva allora più che mai il perno dell’equilibrio verso cui i litigiosi membri dovevano convergere. Sapeva che era suo dovere trovare il modo di sistemare le cose, e si profuse in opere di diplomazia per riuscirci. Ma non fu affatto facile.

Le sembrava di aver a che fare con una coperta troppo corta: se prendeva uno da un lato, le sfuggiva l’altra, e quando poi credeva di esser riuscita a convincere l’una, si ritrovava senza l’altro. Ray, che non avrebbe mai e poi mai fatto uscire dalla bocca una sola parola di scusa per aver alzato la mano contro sua sorella, era fermamente convinto delle sue ragioni, dei suoi doveri di fratello maggiore e della cocciutaggine irriducibile della pecorella maculata di famiglia, contro cui i suddetti doveri erano considerati un obbligo necessario. Dall’altro lato, Morgan si riteneva oltremodo offesa e privata dei suoi diritti di donna libera e maggiorenne; la sola prospettiva di dover delle scuse a suo fratello l’indignava oltre ogni dire.

Demi necessitò perciò di tutta la pazienza che poté evocare e l’appoggio di quell’angelo di Charlie, ma infine, col lavorio di giorni e giorni, riuscì a far capire a Ray che seppur avesse ragione, conoscendo Morgan come loro ben la conoscevano, non era certo mettendole rigide imposizioni che sarebbe riuscito ad ottenere dei risultati; che, anzi, ciò non avrebbe fatto altro che spingerla a far esattamente il contrario di quel che le si diceva; e che, in un certo senso, Morgan aveva ragione (a questa frase Ray puntualmente sbuffava come un monsone), che non era più una bambina, già da un pezzo. Che molte volte aveva dato prova d’esser, in fondo, una ragazza assennata (“Molto in fondo”, commentava Ray), di sani principi; che, infine, se per il momento era felice così, con questo ragazzo perbene (e ovviamente questo punto Ray, don Sebastian e Charlie in persona, non si erano fatti pregare di appurarlo con profusione di mezzi) non avrebbero che potuto gioirne anche loro; e, invece di contrastarla, avrebbe potuto provare a capire Morgan, ad accogliere con una migliore disposizione d’animo l’esistenza di quel sentimento che, Demi non ne aveva dubbi, era molto forte.

Al contrario, Morgan risultò un osso più duro: ci volle il lavoro combinato di Charlie e Demi (più Marcy Lane, dall’esterno) per convincerla delle buone intenzioni del fratello; che, anche se decisamente maldestro, quello di sollevarle veti e muri intorno era il suo modo di amarla, proteggerla; che non doveva dimenticare di esser la piccola di casa Tyler, e non poteva aspettarsi che Ray accogliesse l’intrusione di uno sconosciuto con balli e canti di gioia.

Il punto fondamentale era: riaccomodare tutto prima che zio Nick tornasse. Perché, Demi ne era cosciente, tutti i delicati equilibri che con fatica si stava affannando a rimettere in sesto, sarebbero saltati all’aria in un secondo. In più c’era il fatto che Eric le piaceva, le piaceva il modo in cui guardava sua sorella, e soprattutto le piaceva il sorriso radioso che ogni giorno di più sorprendeva sul volto di Morgan. Era quasi come vederla nascere un’altra volta e, quando la beccava abbandonata sul divano, con l’espressione estatica e persa, non poteva far a meno di sentirsi una madre che guarda il suo piccolo nell’atto di spalancare le ali, pronto a spiccare il volo.

Non ignorava i timori di suo fratello, che sarebbero stati anche quelli di zio Nick, ne era certa; sapeva che Morgan fosse speciale, e neppure nascondeva a se stessa di aver altrettanta paura. Ma la ragione le diceva che se un po’ di felicità, quella felicità che a lei era stata concessa incontrando Charlie, aveva raggiunto Morgan, quale che fosse il destino di quella storia, nessuno aveva il diritto di immischiarsi.

E finalmente un giorno Ray parlò, senza più mugugni. Era pomeriggio; c’erano Demi (che fingeva di guardare la tv), Charlie (che fingeva di guardarla insieme a lei) e Morgan rientrata da poco. Appena quest’ultima notò che in casa c’era anche suo fratello s’irrigidì e fece per avviarsi alla camera, di sopra.

– Morgan – la chiamò Ray – Vorrei parlarti  –

Al che lei, pronta al peggio, si voltò scura e decisa a battagliare. Come le braccia incrociate sul petto dichiararono di fatto.

– Volevo chiederti scusa –

Demi strinse convulsa la mano di Charlie, e Morgan sbiancò per la sorpresa.

– Ho sbagliato ad urlarti contro, anche se era per il tuo bene, e ho sbagliato a schiaffeggiarti, io… non so cosa mi sia preso. Vedi, sei la mia sorellina, e pensare che tu abbia una storia con uno, e anche seria, a quanto pare, mi fa… venire i nervi –

Sorrise. Morgan no; non riusciva a credere plausibile che suo fratello stesse usando la parola “scusa” con lei, e riguardo a una faccenda di uomini peraltro… solo quando realizzò che non era un scherzo riuscì ad imitarlo, e non essendo mai stata brava a contenere adeguatamente le emozioni forti, gli si lanciò al collo a rischio di asfissia (mentre Demi si prosciugava dalle lacrime sulla spalla di Charlie).

– Non voglio perderti – confessò, goffo e soffocato, Ray.

– Idiota – sussurrò Morgan.

– Scemi – pianse invece Demi.

Charlie si astenne dal commentare, col suo sorriso sornione che la sapeva lunga: conosceva troppo bene i Tyler per non sapere che tuoni e fulmini non potevano mai durare troppo a lungo tra quelle mura.

– Allora, quand’è che avremo il piacere di conoscerlo? – sogghignò d’un tratto Ray, mettendo bruscamente fine al momento idilliaco.

– Che? – inorridì Morgan.

– Questo Eric… tua sorella lo conosce, Marcy pure: mi sembra giusto che finalmente lo conosca anche io. Magari, potremmo invitarlo a cena

– Magari no – decretò Morgan.

– Oh! Sì! – saltò su Demi entusiasta.

– No! – ribadì Morgan.

– Perché non domani? – insisté Demi.

– Perché non mai? – sperò di chiudere la questione Morgan.

– Andiamo, Morgan, sarebbe magnifico! –

– Che cos’è che “sarebbe magnifico”? –

E giusto in quel momento il grande temibile capo di casa Tyler, zio Nick, fece il suo ingresso, di ritorno da uno dei suoi innumerevoli viaggi di destinazione e oggetto sconosciuti. Grande e temibile non soltanto per la stazza monumentale e taurina, la faccia scolpita nella pietra, gli occhi nerissimi e penetranti come un martello pneumatico puntato al cervello, la voce cavernosa e terebrante che ti faceva comparire un tremulo sgretolarsi di ogni tua difesa in luogo delle viscere nel tronco, le manone formato racchetta che avrebbero potuto staccarvi la testa dal cranio solo sfiorandovi una guancia, le narici capacissime di abbattere con uno starnuto la casa del terzo porcellino come fosse stata di carta velina e non di pietra, il logoro soprabito nero da killer professionista che presentava ogni possibile minaccia di quel figuro come non meramente plausibile: era proprio l’insieme, il tutto semovente, le energie che solo stando nella stessa vostra stanza quell’uomo metteva in circolo. Giuro su tutto ciò che ho mai avuto di caro che Nick Tyler l’avrebbe fatta fare nei pantaloni anche al più scafato e micidiale criminale di tutti i TTL solo respirando.

– Magnifico – commentò sconfortata Morgan, mentre Charlie e i suoi fratelli salutavano allegramente lo zio – Ciao, zio Nick – stirò un sorriso anche lei.

– Allora, di che stavate parlando? –

– Del ragazzo di Morgan – esclamò Demi.

– Morgan ha un ragazzo? – sollevò un sopracciglio Nick Tyler. Il sopracciglio che avrebbe ammazzato all’istante un cardiopatico. Morgan non aveva mai desiderato tanto ardentemente di scomparire in un buco nel pavimento.

– Oh, sì! Ed è adorabile! Un gran bravo ragazzo, vero Charlie? –

– Non posso dire di conoscerlo così bene… – ma all’occhiataccia di Demi si riscosse – Lo sarà senz’altro –

Zio Nick posò una pesante borsa senza staccare il suo penetrante sguardo inquisitore dalla nipote più piccola.

– E chi sarebbe questo “bravo ragazzo”? –

– Oh, uno fuori dal giro; si chiama Eric! –

– Demi, vuoi smetterla! – cercò di contenere sua sorella, inutilmente, Morgan, rossa come un peperoncino messicano trapiantato in Sudafrica. Resistere allo sguardo di suo zio era sempre un’impresa mica da poco.

– Eric e poi? –

– Eric Warren, è un avvocato e innamorato cotto di Morgan – tirò fuori tutto d’un fiato Demi, quasi temesse che sua sorella non le avrebbe consentito di pronunciare fino all’ultima sillaba.

– Demi, per favore! –

– Che c’è? Non sto facendo niente di male… è giusto che ne sia al corrente anche lui –

– D’accordo ma, santo cielo, fallo respirare! È appena arrivato e già lo sommergi con queste stupidaggini. Com’è che è andato il viaggio, zio Nick? – sperò di sviare l’attenzione Morgan, con un falsissimo sorrisone che non avrebbe ingannato nemmeno me, che un po’ ingenuo talvolta lo sono. Figurarsi uno come Nick Tyler.

– Non sono affatto stupidaggini – interloquì Demi.

– No, infatti – latrò zio Nick – E non cambiare argomento: di dov’è questo Eric? –

– Ma perché non lo invitiamo a cena domani sera? – concluse Ray – Così possiamo conoscerlo di persona –

– Non se ne parla nemmeno! – sentenziò Morgan – Escluso a priori –

– Perché? –

– Perché m’imbarazzerebbe un sacco, ecco perché. E smettila di agitarti, non mi sto sposando! Sto solo con un tizio, come capita a tante altre persone normali –

– Io non ci trovo niente d’imbarazzante; se fossi al tuo posto sarei felice di far conoscere alla mia famiglia questa persona che ti fa star così bene – commentò Ray con uno sguardo furbesco.

– Tu le tue ragazze non le hai mai portate a casa – lo rimbeccò Morgan.

– E si vede che non mi facevano star così bene –

– Ma che fretta c’è? E poi non mi va di portarvelo qui, a sottoporlo ai vostri interrogatori; lo mettereste a disagio… per usare un eufemismo –

– Non è affatto vero – negò Ray da oscar, già pregustando la miglior tortura per il futuro cognato.

– E poi, se è un così “bravo ragazzo”, dovrebbe passar brillantemente qualunque test, no? – sorrise, sardonico, zio Nick.

– Zio Nick ha ragione – ribadì Ray – Se tiene davvero a te, non sarà una cenetta in famiglia a farlo scappare, giusto? –

– Una cenetta a base di arsenico – strinse le labbra Morgan – Oh, vi conosco maschi Tyler: siete delle serpi infide! –

– Allora – s’intromise speranzosa Demi – Vado a fare la lista della spesa? –

– Diciamo che forse gliene parlerò – concesse Morgan.

– Gli daremo un caloroso benvenuto nella nostra tenera famigliola – dichiarò soddisfatto Ray, rivolgendo uno sguardo d’intesa a zio Nick.

– Però, se e quando questa cosa si farà, dovrà esserci anche Charlie – pose le sue condizioni Morgan.

– Si capisce – accolse l’invito il diretto interessato – Ma non sperare che gli risparmi l’esamino: quando sono entrato in questa casa ero da solo a vedermela con i maschi Tyler –

– E io dov’ero, allora? – si piccò Morgan.

– Oh, sì beh… però l’esamino me l’hanno fatto lo stesso –

– Allora che ci sia anche Marcy; almeno avrò un’alleata –

– Ci sarò anch’io – cercò di mostrarsi rassicurante Demi.

– Tu è meglio se non parli: hai già fatto fin troppi danni – bofonchiò sua sorella.

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Molte ore più tardi la porta si spalancò senza tanti complimenti, e Morgan fu costretta a svegliarsi di soprassalto.

– Che c’è? Che succede? –

Zio Nick irruppe nella stanza e ordinò con un dito alle imposte di spalancarsi al sole di Ithaca. Poi si voltò come una furia e si arrestò di botto; guardò in giro, ma non trovò, evidentemente, quel che cercava.

– Da quando dormi fino a tardi? – borbottò infine gettandole appresso una sottoveste lì sul pavimento.

Morgan lo fissò accigliata e mezza assonnata.

– Da quando cazzo mi pare. Credevo di essere una donna libera, adesso –

– Quando sarai anche una donna meno sboccata, potremo ragionarci su – la rimbeccò suo zio – Vuoi la colazione a letto? –

– Quando mai ho fatto colazione a letto? – borbottò infilando la sottoveste dalla testa.

– Mi risulta che con una certa persona abbia preso quest’abitudine… – buttò lì suo zio.

Morgan non gradì affatto il commento, filando dritto verso la stanza da bagno, e avendo cura di sbattere con adeguata violenza la porta alle sue spalle. Zio Nick tirò fuori un sospirone preoccupato.

Quando Morgan tornò, in vestaglia, nel tinello trovò la sua colazione già pronta sul tavolo con tutto ciò che le piaceva, e un mucchio di altre cose. Pareva essersi calmata. O almeno fu ciò che sperò suo zio.

– Ti piace? – fece con quel suo tono burbero, fissandola di sottecchi e fingendo disinteresse alla risposta.

– Mh – annuì Morgan a bocca piena – Non posso dire di essere abituata a tutto questo lusso, ma è molto carina –

– Puoi cambiare la tappezzeria e i colori alle pareti, se vuoi; o sceglierne un’altra –

Morgan lo fissò divertita.

– Zio Nick, quando mai me n’è fregato qualcosa dei mobili e la tappezzeria? –

– Sei una donna – si giustificò lui seccato – O almeno lo saresti se smettessi ogni tanto i panni del maschiaccio. Forse ha ragione tua nonna: avrei dovuto mandarti in una di quelle scuole Rwenod per signorine perbene –

Morgan smise di masticare e lo fissò storto.

– Stai scherzando. Vero? –

Zio Nick rise, allora. Era raro vederlo ridere di cuore, col torace scosso e il faccione, di solito granitico, illuminato quasi a festa. Poi si ricompose e scosse il capo come a sottolineare il fatto che Morgan fosse una battaglia persa.

– Quando le hai parlato? – chiese lei.

Perché era abbastanza ovvio che la nonna cui accennava zio Nick fosse Sahar; l’altra sua nonna si sarebbe sparata piuttosto che mandarcela, in una scuola Rwenod.

– Giorni fa. Era molto preoccupata; tutti loro lo sono stati, per tutto il tempo. Quel che importa di più è che tu sei qui –

Morgan nascose il rossore nel tazzone di latte; l’imbarazzava vedere il lato tenero di suo zio, almeno quanto a lui imbarazzava mostrarlo. Ma si riprese in fretta.

– Dicevamo… Ti piace davvero qui? La piscina e il resto? –

– Quante volte devo dire di sì? Ho detto che è ok! –

– Tu non hai idea di quanto sia stato difficile a CT – fece d’un tratto lui guardando fuori dall’enorme finestra sul parco – Avrei voluto darti il meglio del meglio, da sempre; vederti andare in giro con vestiti di seconda mano, negarti ciò che volevi… non è stato facile – deglutì.

– Beh, è comprensibile – fece una smorfia Morgan – Non so se mi sarebbe piaciuto crescere viziata e snob come una Chainse –

Zio Nick ridacchiò di nuovo.

– Ad ogni modo, vorrei raccomandarti di evitare di seminare la tua scorta, d’ora in poi – la fissò storto e Morgan se la rise.

– Che vuoi? Ė la forza dell’abitudine. Chiamala deformazione professionale, se vuoi. Non riesco ad andare in giro con due mastini sempre alle costole. Seminare chi mi segue è un istinto naturale –

– Beh, sforzati di controllarlo, quest’istinto. Ė stata un’impresa tirarti fuori viva finora e perderti per una deformazione professionale non sarebbe affatto carino –

– Ė per questo che sei qui? Per farmi la lezioncina? – ridacchiò Morgan.

– Per questo. E per beccare quel pusillanime per cui hai inspiegabilmente perso la testa –

Morgan si rabbuiò.

– Zio Nick, mi pare che gli eventi dell’ultimo anno abbiano chiarito abbastanza bene che non sono più in età da balia. E sì: mi duole annunciartelo, ma ho una vita sessualmente attiva. Già da diversi anni, in effetti –

Zio Nick chiuse gli occhi a quelle parole, come se avessero potuto, solo nascondendogliela alla vista, impedire alle parole che la boccuccia di rosa velenosa di sua nipote aveva appena pronunciato di esser state pronunciate. Quello era uno dei momenti che forse, tanto lui quanto sua nipote, temevano di più: quando cioè si percepiva fisicamente il suo sforzo di impedirsi di ridurla in poltiglia.

– Mi rendo conto – riemerse egli dallo sforzo – Di non poter pretendere la castità coatta, non alla nipote di una Rwenod del calibro di Sahar… tuttavia, abbi la compiacenza di impiegare la tua vita sessualmente attiva con qualcun altro. Sei ricca, adesso: compratene uno disponibile acca ventiquattro –

Morgan lo fissò a bocca aperta. Non riusciva a credere che stava affrontando un argomento del genere con suo zio; in quei termini, peraltro.

– Se si trattasse solo di sesso, e l’idea di comprare uno schiavo all’uopo non mi ripugnasse, forse ci avrei persino pensato. Ma si dà il caso che mi ripugni, sì; e te lo dico una volta per tutte: tieni il tuo naso fuori dalla mia vita privata – sentenziò.

– Non c’è verso di farti ragionare, vero? –

– Nick Tyler – batté un pugno temerario sul tavolo Morgan, davvero molto contrariata – Proprio tu vieni a parlarmi di ragionare? Tu che l’hai preso sullo stomaco fin dall’inizio per il semplice fatto che mi piacesse? –

– Credo c’entrasse più il fatto che fosse un dongiovanni, infilatosi nel tuo letto col puro scopo di spassarsela, oltre che di usarti – ribatté duramente zio Nick. Quello era decisamente un argomento hot, per tutti e due.

– Io ho visto nella sua mente, e nel suo cuore. Lui era davvero innamorato di me –

– Certo che era innamorato di te! Che ci vuole ad innamorarsi di te? Ti basta aggiustarti un po’ e diventi una carta moschicida per tutti i maschietti dall’ormone facile nel raggio di un chilometro! Non è stato tanto difficile tenerti alla larga i nostri nemici quanto tenere a bada quelli che facevano la coda per ficcarsi nel tuo letto! –

Morgan fece una faccia a metà tra lo stranito e il disgustato.

– Zio Nick stai delirando. E anche in modo disgustoso. Ma poi… non mi si filava mai nessuno, a parte i figli di don Sebastiàn! –

– E secondo te, per quale motivo? Se fossi stato in città a gennaio scorso, stai certa che a quella festa non ti ci avrei fatta arrivare: il luogo ideale per farsi abbordare da un pusillanime di quella genia! –

– Non ti sfiora il pensiero che forse io abbia voluto farmi abbordare, perché l’idea di infilami nel letto di Eric poteva piacere anche a me? – lo provocò allora Morgan.

Zio Nick chiuse di nuovo gli occhi con furia trattenuta. Non c’era più abituato; due tentativi di nipoticidio sedati in meno di dieci minuti: un record.

– Avevo l’illusione di averti cresciuta con ben altri principi –

– Beh, consolati: per te non sono abbastanza suora di clausura, per mia nonna non abbastanza troia. A quanto pare non sarò mai all’altezza delle aspettative familiari: me ne farò una ragione –

– Ė su Eric che dovrai fartene una ragione – sospirò zio Nick.

– Basta così – sentenziò Morgan – Chiudiamo l’argomento qui: è meglio –

– L’unica cosa da chiudere qui è questa assurda relazione: quella specie di uomo non è degno neppure di lustrarti le scarpe! –

– Ora basta! Non ho intenzione di discutere quest’argomento con te! E non ho intenzione di discuterne con chiunque altro! A te non interessa ciò che voglio io! Non te lo sei mai neppure chiesto: non me ne frega un cazzo dei mobili e della tappezzeria, del lusso e del meglio del meglio! Io voglio Eric. Fine della discussione –

– Come vuoi – ribattè teso zio Nick – Ma poi non venire a piangere sulla mia spalla, quando ti deluderà, ancora. Perché non avere dubbi: lo farà –

Morgan lo fissò in silenzio, gli occhi furiosi e la fronte aggrottata. Che cosa aveva voluto dire quella serpe di suo zio?

– Cambiamo argomento. Come dicevo poco fa, anche se sei famosa e i giornalisti ti seguiranno ovunque tu vada, non possiamo escludere che i nostri nemici possano provarci. Ad ucciderti, intendo. Il ricamino che hai sotto le costole ne è una prova lampante: perciò devi assicurarmi di ritrovare quel buonsenso che ti ha fatto sopravvivere per tanti mesi, e fare più attenzione quando esci di qui. Anzi, se puoi, evita del tutto di uscire di qui. Dopo tutto, tra questi muri sei la regina: puoi fare quello che ti pare, quando ti pare, come ti pare; puoi comprare e chiedere tutto quello che vuoi –

– Cioè: mi avete fatto uscire da una cella per ficcarmi in un’altra cella – commentò Morgan.

Zio Nick rise ancora; doveva ammetterlo, a malincuore:

– Mi è mancato il tuo sarcasmo. Cerca di non fare cazzate – fu la raccomandazione paterna finale, ma quando allungò un buffetto su quella guancia che in altri tempi aveva adorato strusciarsi sulla sua barbetta ispida, lei accolse con fastidio il gesto.

Ebbene sì: detestava non essere più l’uomo numero uno nella vita di sua nipote. Detestava non essere più il suo punto di riferimento; detestava non vedere più quella luce nei suoi occhi che un tempo l’aveva illuminata tutta quando lui, di ritorno da uno dei suoi viaggi, riappariva sulla porta. Se avesse saputo che il periodo in cui lei gli correva incontro per abbarbicarsi al suo collo avrebbe avuto una scadenza, avrebbe fatto in modo di rallentare il tempo, a suo tempo; di fissare meglio nella memoria gli abbracci di quando lui era stato tutto il mondo di quelle braccia piccole, che avevano anelato di aver qualcosa da abbracciare fino all’asfissia. Di cercare nuovi abbracci, in ogni istante possibile. Ma la cosa che detestava in assoluto di più, quella che più di ogni altra gli faceva andar di traverso la bile e perdere ogni lucidità, era che fra tanti uomini avesse perso la testa proprio per quello più stronzo. Sostituito, va bene, poteva accettarlo; o per lo meno, un giorno suo malgrado sarebbe riuscito ad accettarlo. Ma con Eric, no!

Il guaio era che, a quel punto, più le faceva ostruzionismo, più l’avrebbe spinta tra le braccia dello stronzo.

Sospirò, infilando le lenti scure al sole accecante di Ithaca. Se solo quella sciocca ingenua e ingrata avesse saputo quanti maneggi aveva dovuto fare, alla stazione meteorologica di Ithaca, per regalarle quel sole posticcio stile estate Capetoniana. Per farla sentire a casa. “Ma suppongo che il sole di Ithaca non possa competere con una rosa e due moine!” sbraitò furioso con se stesso.

Perché diavolo Tom Warren non aveva ficcato un proiettile in testa al pusillanime quando aveva potuto farlo? Recriminò sconsolato.

Ma Nick Tyler aveva sempre una freccia al suo arco; o per meglio dire, un proiettile metaforico che non avrebbe parsimoniosamente risparmiato come aveva fatto il giovane Warren. Uno come lui non minacciava mai a vuoto, e se ne faceva un punto d’onore di mantenere proiettili buoni da parte, per chiunque. In una giornata del genere, poi, col fegato compresso dopo una sfuriata con quella sua nipote testona, ingenua ed autolesionista per giunta, aveva proprio bisogno di sfogarsi su qualcuno: e si dà il caso che Eric era proprio in cima alla lista.

– Sono io – latrò nel cellulare – Mettimi in contatto col Senatore Goddard –

Aveva promesso al ragazzo che gliel’avrebbe fatta pagare. E Nick Tyler manteneva sempre le promesse.

– Salve senatore, sono dello staff di Morgan Tyler. Vorrei proporle uno scherzo.. –

 

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