I fantasmi dei Valentini passati

Dovevo scrivere un post per un cliente. Un post su San Valentino. Uno di quei post tipo “Le dieci bucce di banana che faresti meglio a non pestare…” , o “Le quattro figate spaziali assolutamente imperdibili per fare i ganzi…”. Cose così.

Ma San Valentino è diventato una specie di incubo ad occhi aperti. E non solo perché so già che passerò la serata a guardare Netflix con un bustone di patatine della consolazione (che, per la cronaca, non dovrei assolutamente mangiare: la mia naturopata mi disconoscerà come cliente se legge le mie autosabotanti intenzioni malevole). Non solo perché l’ultimo Valentine Day è stato pessimo: il mio regalo apposito appositamente comprato per Lui da Amazon non è arrivato in tempo, e Lui s’è dimenticato di prenotare il ristorante nippogiappo mio preferito con disastrose conseguenze (e non avevo ancora conosciuto Tizio: il Tizio per cui ho lasciato Lui. Il Lui con cui ho convissuto 10 anni di amebaggine di mia vita). Non solo perchè gli incubi li sto facendo per davvero: un Lui tumefatto degno di Tim Burton e, ovviamente, incazzato nero mi enumera con sadica nonchalance la lista delle mancanze e pecche psico-affettive della Scrooge che è in me.

E non solo perché l’Altro, quello che ho conosciuto circa 6 mesi fa, quando non ero pronta a conoscere manco me stessa, e ripreso a frequentare a dicembre… dicevo non solo perché l’Altro si è improvvisamente ricordato di avvertirmi che in realtà è fidanzato. Da un anno. Con un’altra, naturalmente.

No. Lo è diventato perché il malanimo delle mie vicende particolari si era, nella mia testa, espanso in un malanimo più generale, verso gli uomini, l’amore di coppia, e la mia sfiga personale.

E dover scrivere un post a cuoricini comediocomanda… ve l’assicuro, sulle prime non è stato semplice. Poi è accaduto il “miracolo”.

Sono andata in Toscana. S’è parlato di tante cose, di lavoro, scelte di vita… e all’improvviso, all’ultimo, quasi fosse una cosa di poco conto, una ragazza (e non perché sia mia amica, ma è davvero una ragazza meravigliosa con un’anima di rara bellezza) ha tirato in ballo la sua stagnante relazione di coppia. Lui torna a casa e preferisce poltrire davanti alla tv o col muso sul cellulare anziché darle ascolto; lei incamera frustrazione e rabbia, che vien fuori per i nonnulla che diventano improvvisamente questioni atomiche internazionali. Erano lì, l’uno davanti all’altro. E si stavano dicendo quel che qualunque coppia arriva ad un certo punto a dirsi: non accetto questa cosa. Quindi non accetto te. E tu non accetti questa cosa di me, quindi non accetti me.

Ma la parolina magica che ha cambiato le carte in tavola è stata: una parte. Una parte di me non accetta una parte di te: quella distruttiva e involutiva. E una parte di te non accetta una parte di me. Una scommessa per cambiare registro. Se si comprende a fondo questa espressione, si capisce che è ovvio non accettare le parti distruttive dell’altro, e far resistenza per rispetto a se stessi e, in realtà, anche all’altro. Che però non si sta rifiutando. Non in toto, non nella sua essenza: anzi, è un modo amorevole di dire “So che dentro di te c’è una parte che vuole e può crescere, una parte migliore. Per questo non posso accettare la tua distruttività”.

Questo è amore. Accettare e aprire una possibilità l’uno all’altro: a me, che posso mettermi in gioco, migliorare, venirti incontro per amor tuo. E a te, che posso provare ad accettare, nonostante i tuoi limiti, con fiducia e amorevolezza, spronandoti per il meglio.

Il caldo abbraccio che si sono scambiati alla fine avrei voluto mostrarvelo: una vicinanza così, di anima ancor più che di fisico, commuove tanto più che realizza la speranza. La speranza che anche se non ci si capisce a volte, e anche se si prendono apparentemente strade diverse, e anche se si passano momenti decisamente no… se ci si vuol bene, si può superare tutto. Trasformandosi insieme.

Ho amato quel momento, e loro due che ce l’hanno mostrato. E li ho invidiati tremendamente.

Non so se a me sarà mai data la fortuna di incontrare un uomo coraggioso abbastanza da mettersi in gioco così, accettando la scommessa di un “gioco delle parti” a rendere, più che a perdere (come invece di routine accade). Non so se avrò mai la fortuna di poter contare su qualcuno garantendo altrettanto.

I fantasmi dei Valentini passati gettano ombre piuttosto cupe su questo aspetto.

Ma so che da qualche parte questa sensibilità, questa possibilità, altrove esiste. E questo mi da la forza di credere nell’amore.

PS. Il post per il mio cliente, modestamente, è riuscito poi bene. Ed è piaciuto anche a lui, che per uno che lavora con le parole è una grande enorme soddisfazione. Quando si scrive col cuore, succede. 🙂

La faccia della sconfidenza giuro che è spontanea e naturale. Daltronde, non puoi pretendere che sia diversamente al momento attuale.

2 risposte a "I fantasmi dei Valentini passati"

  1. Non lo so qual’è peggio, in effetti. Ma i miei fantasmi sono proprio brutti a vedersi: nel senso che gli incubi li sto facendo per davvero. Non volevo allungare il brodo, visto che sto (cercando di) lavorare sulla sintesi. Ma visto che si trattava in fondo di due frasi, ho aggiornato il testo: ho sognato Lui per davvero, tumefatto e pieno di ferite, coi denti rotti… una visione poco idilliaca. Per di più incazzato nero (e Lui incazzato nero fa paura serio). Il che, in aggiunta al fatto che giusto in questi giorni celebriamo il compleanno dei casini di un anno fa… diciamo che non mi sta rendendo le ore diurne facili. Senza considerare le normali rogne del vivere (tipo pagarsi i conti). E no, il lieto fine non lo si vede nemmeno col binocolo da qui, ma sto cercando di autoconvincermi di ciò che ho scritto per il mio cliente “Al diavolo: andrà meglio la prossima volta”.
    PS. Contenta che ti sia piaciuto 😉

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